08 settembre, 2010

Ovunque sei


"Se si può credere, come fanno centinaia di milioni di uomini, che abbiamo molte vite da vivere, perchè non credere anche che in ognuna delle nostre vite noi siamo il luogo di incontro?".

06 settembre, 2010

Noi ragazzi dello zoo di Torino

"C'era una volta un re, un re a quattro zampe con una folta criniera in testa..E c'era un orso, c'erano scimmie e tigri, c'erano giraffe e ippopotami...C'erano gabbie a rinchiuderli affinché l’uomo potesse ammirarne la bellezza sopita dall’inguaribile tristezza dei loro sguardi e conoscerne forza e agilità, mutate dall'ambiente ostile e da sedativi. Passò tempo.. tanto, troppo.
Ma ecco il lieto fine, scritto da altre sbarre,stavolta sbarre buone che chiusero quell'inferno, che chiusero lo zoo. Riprendiamo da lì, dal Parco Michelotti di Torino, che della città della Mole Antonelliana è l'ex zoo. Un luogo per ricordare, per riflettere, per comprendere; un posto che useremo insieme a quellastoria come cornice per raccontare una storia bella davvero, fatta di gioco e festa, di spunti e di spuntini, di conferenze, di riflessione, di musica, di arte, di stand, di massaggi, di cinema, di cibo, di laboratori per imparare a cucinare e auto-costruire, di momenti con i bimbi e di tutto ciò che consideriamo essere buono, come quelle sbarre, quelle seconde sbarre, buono e rispettoso di tutto ciò che vive e che deve continuare a vivere".
Inizia così la mail di invito alla nuova edizione del Veg Festival che si terrà nel week-end qui a Torino e mi fa davvero un certo effetto pensare a come un luogo di sofferenza, grazie all' entusiasmo delle persone, divenga la sede di una così bella festa.
Avrò avuto più o meno otto anni quando con Elisabetta C., compagna delle elementari sempre straordinariamente sorridente anche quando la maestra la rimproverava, ed entrambe le mamme, ho visitato il Giardino zoologico Michelotti. Allora portare i bimbi a vedere gli "animali feroci" era un' usanza piuttosto comune: li si intratteneva per un paio d' ore, li si stupiva, forse li si riusciva ad emozionare stimolandone la fantasia. Di quel pomeriggio ricordo soltanto di essere rimasta a bocca aperta davanti ad un' interminabile anaconda sotto vetro, in quella stanza buia e piuttosto maleodorante chiamata "Rettilario", il resto è buio un po' per gli anni trascorsi, un po' per l'età che avanza, un po' semplicemente perchè forse ho voluto rimuovere.
Allora erano Simona ed Elisabetta, adesso si chiamano Giacomo, Elena, Emanuele, Lorenzo, Luca, Nicole, Beatrice, Federico, Angelica...portano i nomi dei nonni, dei libri su cui si scelgono, di santi, di eroi, sono bambini, bambini che mi auguro con tutto il cuore abbiano imparato, prima ancora della parola "Mamma", o subito dopo, la parola "Rispetto", nei confronti di tutto ciò che li circonda, niente e nessuno escluso. Avevo otto anni e non mi rendevo conto della sofferenza provata da quegli animali e probabilmente, come la maggior parte dei miei coetani, pensavo che il leone potesse tranquillamente abitare in città come nella savana, che il pinguino goffo non avrebbe risentito affatto della differenza climatica tra Torino ed il Polo e che a quell' anaconda, così lunga, lo spazio concesso fosse più che sufficiente.
Non è detto che lo spirito animalista sia sempre il risultato di un imprinting, a volte sono i genitori ad apprenderlo dai propri figli, così è stato per quanto mi riguarda: oggi sono certa che mia madre troverebbe un' alternativa assai più divertente per intrattenere due bimbette vivaci e sorridenti che non accompagnarle in un luogo di sofferenza e prigionia.
Venerdì si va al Giardino Zoologico a vedere come persone non necessariamente vegetariane ma sicuramente rispettose, divulgano il loro pensiero, propongono le loro alternative, credono insieme che quelle sbarre non siano state abbattute invano.