20 novembre, 2010
16 ottobre, 2010
Buon Compleanno
26 settembre, 2010
18 settembre, 2010
08 settembre, 2010
Ovunque sei
06 settembre, 2010
Noi ragazzi dello zoo di Torino
27 agosto, 2010
Fotografia di un blog in un blog di fotografia
21 agosto, 2010
Un ramarro dal cuore grande
05 agosto, 2010
Il calzino spaiato
doli di punta, i risvolti della vita oppure sul perchè, alla fine, i calzini da stendere siano sempre rigorosamente dispari ed i piedi, fino a prova contraria, pari. Guardandomi intorno, con una molletta fra i denti ed un "superstite" blu scuro fra le mani, li ho contati e ricontati, tutti fieri e ben allineati seppur appesi ad un filo e sospesi nel vuoto, da destra a sinistra o da sinistra a destra, sempre 12, nessun imboscato nella bacinella, nessun timido ancora al riparo nel cestello della lavatrice, 12 come gli apostoli, figli di Eolo, pronto ad asciugare con un soffio le loro lacrime di detersivo e cancellare tracce di peccati maleodoranti. E tu? Chi sei tu che ancora mi sembri tremare, per la doccia fredda del risciacquo, tra le mie mani screpolate? Tu di chi sei seguace, misero calzino blu? Dov'è la tua anima gemella? Ed ecco come in un soleggiato mattino di agosto è nata, frutto di una mente assai contorta, la teoria del "calzino spaiato". C'è chi per non correre rischi e facilitare l' accoppiamento, stringe la coppia insieme in un nodo che, una volta terminato il ciclo di lavaggio, è davvero un' impresa sciogliere: i calzini sono vincolati l' uno all' altro senza possibilità di svago, una centrifuga da far girar la testa o un prelavaggio effervescente, niente, routine, blu con blu, nero con nero. Chi addirittura ha il tempo, nonchè la pazienza, di personalizzarli con un punto di filo colorato nella speranza che un' onda "travolgente" non riesca a scucire quel segno di riconoscimento. C'è poi chi, un po' come me, si affida alle caratteristiche "genetiche": la trama del filato o il suo spessore, la resistenza o l' altezza dell' elastico, eventuali marchi di fabbrica logori ma ancora leggibili. Quando si rivelano vani tutti i tentativi di ricongiungimento, non resta altro da fare che classificare il povero malcapitato come "abbandonato" e riporlo tristemente in quell' apposita borsettina di carta che ospita gli eroici calzini "single". Sono puliti, profumati, di bell' aspetto ed attendono fiduciosi o il ritorno del compagno o di trovare qualcun' altro che non badi troppo alla loro lunghezza o alla loro integrità, all' esatta corrispondenza, non si sentono affatto "scarti" di una società così ben allineata lungo i fili della biancheria bensì anime libere che, una volta in lavatrice, si sono affidate ai vortici di quello che, all' apparenza, assomigliava solo ad un giro in giostra. Ogni tanto sbircio e li conto, aumentano e la cosa, a dire il vero, mi preoccupa un po'. Possibile che l' effetto dell' ammorbidente non riesca a moderarne le pretese e a rendere gli incontri più semplici? Possibile che per ritrovarsi dopo essersi persi si debba soggiornare così a lungo in una buia borsa di carta?21 luglio, 2010
19 luglio, 2010
01 luglio, 2010
L' uomo che abbracciava gli alberi
"Sono nipote di un uomo che, presentendo che la morte lo attendeva all’ospedale dove lo stavano portando, scese nell’orto e andò a dire addio agli alberi che aveva piantato e curato, piangendo e abbracciando ognuno di essi, come se di esseri amati si fosse trattato. Quell’uomo era un semplice pastore, un contadino analfabeta, non un intellettuale, non un artista, non una persona colta e sofisticata che decideva di lasciare questo mondo con un grande gesto che la posterità avrebbe ricordato. Si sarebbe detto che stava salutando ciò che fino a quel momento era stato di sua proprietà, ma di sua proprietà erano anche gli animali che gli davano da vivere e lui non andò da loro per salutarli. Si accomiatò dalla famiglia e dagli alberi come se per lui fosse stato tutto la sua famiglia.
Questo episodio è accaduto, è reale, non è frutto della mia immaginazione. In tanti anni, non avevo mai sentito uscire dalla bocca di mio nonno parola alcuna sugli alberi in generale, e su quelli in particolare, che non fosse motivata da ragioni pratiche. Inoltre, non avrei potuto immaginare, nessuno avrebbe potuto immaginarlo, che l’ultima manifestazione cosciente della personalità del vecchio uomo avrebbe toccato la linea del sublime. Eppure accadde.
Non saprò mai cosa mosse lo spirito di mio nonno in quell’ora estrema, cosa pensò e provò, quale chiamata urgente guidò i suoi passi insicuri fino agli alberi che lo aspettavano. Forse sapeva che gli alberi non possono muoversi, che sono legati alla terra dalle radici e che da queste non possono separarsi, se non per morire. Nel fondo del suo cuore, forse mio nonno sapeva, di un sapere misterioso, difficile da esprimere con le parole, che la vita della terra e degli alberi è una sola vita. Né possono gli alberi vivere senza la terra, né può la terra vivere senza gli alberi. Qualcuno afferma persino che gli unici abitanti naturali del Pianeta siano essi, gli alberi.Perché? Perché si nutrono direttamente dalla terra, perché l’afferrano con le loro radici e da essa sono afferrati. Terra e albero, ecco la simbiosi perfetta. Può darsi che qualcuno pensi che ci sia troppo lirismo in queste parole. E’ possibile, per ché così come la terra e gli alberi, il sentimento e la ragione vanno sempre uniti. Ma non è stato per puro sentimento che mi sono unito alla campagna di Greenpeace per la protezione delle foreste primordiali e per un utilizzo dei prodotti forestali che non sia inquinante per l’ambiente. Meglio che piangere sul latte versato, sarebbe non rompere la brocca. La metafora è appropriata, di questo si tratta.
Quando i rappresentanti di Greenpeace mi hanno spiegato le ragioni oggettive del progetto e mi hanno chiesto di parteciparvi, ho capito che non mi bastava preoccuparmi per la situazione dell’ambiente come qualsiasi altra persona con una coscienza per i problemi del mondo, che era necessario che il mio impegno fosse reale, concreto. Ho chiesto loro cosa potevo fare e mi hanno risposto che avevo nelle mie mani l’arma pacifica con la quale potevo ingaggiare la battaglia: i libri, i libri che consumano quantità gigantesche di carta, i libri che divorano boschi e foreste a una velocità vertiginosa, ma anche i libri che possono essere stampati su una carta che rispetta nella sua produzione l’ambiente e che utilizza i boschi con criterio attento al bene comune, ossia, in maniera sostenibile. Il risultato è il libro intitolato Las intermitencias de la muerte e questo è solo il primo passo. Tutte le opere che potrò scrivere in futuro, tutte le riedizioni di quelle già pubblicate, saranno stampate su carta approvata da Greenpeace, sia in Portogallo, sia in Spagna, sia in America Latina. E quello che sta accadendo con Las intermitencias de la muerte, per il quale alle edizioni citate si sono aggiunte quella brasiliana, quella italiana e quella catalana, e spero che a breve vi si aggiungano anche quelle degli altri paesi che desiderino tradurre e pubblicare i libri che vado scrivendo.
Concludo rivolgendo un invito e lanciando una sfida. Che altri scrittori collaborino in questo senso con Greenpeace, che altri editori si uniscano ai miei di adesso e, soprattutto, sì, soprattutto, che i lettori, il pubblico, abbiano una maggiore coscienza che questa lotta è anche loro. Difendere gli alberi è difendere la Terra. Mio nonno lo sapeva e non sapeva né leggere né scrivere. Un vecchio analfabeta mi ha dato la migliore delle lezioni. Qui ve la offro, se la riterrete giusta e umana. So che per qualcuno lo è stato: mi dicono che a Puerto Rico, una manifestazione in difesa di un bosco, che interessi speculativi volevano abbattere, ha marciato dietro a uno striscione che portava il nome di mio nonno, Jeronimo, e che, come lui, le persone abbiano abbracciato gli alberi con una tale forza che il bosco è stato salvato. So che un viale a Castril, un paese di Granada, porta il nome di Jeronimo Melrinho, e quel viale, con quel nome, resta spiegato come la bandiera più bella.
Ad alcuni per la lezione, ad altri per preservare l’esempio, ad altri per la rigorosa attenzione con la quale guardano il mondo, dico grazie. E continuiamo su questa strada perché ci sono dei buoni motivi".
21 giugno, 2010
15 giugno, 2010
Guardatevi nel cuore
13 giugno, 2010
Felicità raggiunta, si cammina
"Felicità raggiunta, si cammina
per te sul fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
al piede, teso ghiaccio che s' incrina;
e dunque non ti tocchi chi più t'ama.
Se giungi sulle anime invase
di tristezza e le schiari, il tuo mattino
è dolce e turbatore come i nidi delle cimase.
Ma nulla paga il pianto del bambino
a cui fugge il pallone tra le case".
12 giugno, 2010
Sintesi di un addio
10 giugno, 2010
Un sottotitolo ad un pensiero
Io, Massimo, Emanuele: eravamo in tre, nella piccola stanzetta dalle pareti gialle che tutti i mercoledì sera ci ospita da un po' di tempo a questa parte, ieri per la prima volta davanti al nostro fidato pc. Incuriositi ed attenti non ci siamo persi neanche una sillaba di quanto il nostro professore, con l' entusiasmo di sempre, ha deciso di insegnarci. Massimo è appassionato di ritrattistica, durante i suoi numerosi viaggi all' estero ha colto ed immortalato gli sguardi di donne indaffarate, sperse in caotici bazar, uomini dietro a banchi di spezie dai colori della terra, bambini sorridenti giocare con poco più di niente; Emanuele mi stupisce sempre un po' quando durante le lezioni di teoria prende appunti e disegna, contemporaneamente, lui è designer, la mano che impugna la penna non riesce a darsi pace se non crea e io, a sua insaputa, timidamente sbircio meravigliata; Emanuela (ieri assente) è al settimo mese di gravidanza e non vede l'ora di puntare l' obbiettivo sul suo piccolo che nascerà, poi ci sono io. Premessa: ho deciso di frequentare il corso di fotografia organizzato da Aldo un po' per curiosità, un po' per amicizia, un po' perchè non credo nei grandi fotografi bensì nelle persone comuni che riescono ad esprimersi anche con un click, fermando il tempo e lo spazio e godendosi un' emozione che per loro è un capolavoro e una foto, a mio avviso, può esserlo sicuramente sia questa scattata con una fotocamera digitale dell' ultima generazione o con la scatoletta di cartone ancora in commercio persino in tabaccheria. Non è lo strumento ma l' occhio e la mente che contano con tutto ciò che riescono a produrre aiutati magari da una buona dose di fantasia. Come per un dipinto, un disegno, uno scritto ciò che conta non è solo l' opinione di chi ne fruirà bensì, almeno all' inizio, la soddisfazione dell' autore nel creare, nel credere insistetemente nelle proprie capacità senza perdere di vista umiltà ed entusiasmo. Il concetto è più o meno riassumibile così: "E' bello tutto ciò che tu vedi e credi bello". Fine della premessa.
Cosa si impara quindi ad un corso di fotografia? Si impara a gestire gli elementi che spesso possono costituire un disturbo ma che in realtà, in natura, non lo sono affatto: la luce e l' ombra, a prendere confidenza con lo strumento che si ha a disposizione e non importa se il compagno di banco ha una super Nikon e tu una microscopica Canon perchè ciò che puoi cogliere tu, quasi sicuramente, non verrà colto da lui e viceversa, dando importanza, ribadisco, non alla tecnologia ma alla fantasia. Si impara a cogliere le sfumature e gli attimi. La fotografia non è per me una passione, tengo a precisarlo, non come lo scrivere per intenderci, è un "di più", un sottotitolo che mi piace dare ad un pensiero. Scettica sull' uso di programmi "alternativi" per rendere migliori gli scatti (es. il celeberrimo Photoshop installato dal mio prof ma mai usato) ieri sera ho abbassato la guardia ed ho dovuto ricredermi (a volte capita...). Il suo nome è Lightroom 2: è un software dell' Adobe per la correzione cromatica e luminosa degli scatti. che consente solo di risolvere problemi come la sovraesposizione o ombreggiature troppo evidenti, corregge insomma non cambia e soprattutto non elimina il file originario ma piuttosto lo arricchisce con informazioni digitali in più. Soprattutto è: comprensibile e facile da usare !!!! Aldo ci ha fornito, per esercitarci, quattro suoi scatti di un matrimonio nel verde e per una buona mezz'ora ci siamo sbizzarriti con il "Com'era" "Com'è" applicando il nostro gusto al posto del suo.
A Natale i miei genitori mi hanno regalato una Canon Ixus 100 IS, una scatoletta nera ultraleggera, ultrasottile ma soprattutto facilmente tascabile. Era esattamente quello lo scopo da raggiungere, il portarla con me ovunque perchè ovunque può capitare qualcosa che merita di essere fermato e poi ricordato.Cogli l' attimo perchè magari nessuno lo farà al posto tuo e conservalo perchè, così facendo, sarà tuo e solo tuo per sempre.
02 giugno, 2010
Farewell
Non fu facile volersi bene, restare insieme o pensare d' avere un domani e stare lontani; tutti e due a immaginarsi: "Con chi sarà?".
Ma ogni storia ha la stessa illusione, sua conclusione ed il peccato fu creder speciale una storia normale.
Ora il tempo ci usura e ci stritola in ogni giorno che passa correndo, sembra quasi che ironico scruti e ci guardi ridendo.
E davvero non siamo più quegli eroi pronti insieme ad affrontare ogni impresa; siamo come due foglie aggrappate su un ramo in attesa.
30 maggio, 2010
Primo contatto I-Pad
23 maggio, 2010
I.D.E.A.
Di
Essere
Ascoltati
Mi dilettavo con gli acrostici già da piccola, utilizzando questo simpatico componimento per le mie dediche sui diari delle compagne di banco o per scrivere qualcosa di originale sui biglietti di auguri. Non sempre riuscivo però a trovare una corrispondenza sensata per ciascuna lettera ma il divertimento stava anche in quello. Ciao: Con Infinito Amore O... Mmm... Ohibò ?!
20 maggio, 2010
Dove e quando
"Da questo momento non ho più regno o il mio regno è senza limiti, da questo momento non mi appartiene più il mio corpo o mi appartiene tutta la terra".
Letta non ricordo dove, appuntata non ricordo quando, cercata, trovata, subito non capita ma piaciuta, molto. A volte non è necessario capire proprio tutto, pubblicata qui.
17 maggio, 2010
I believe
Io credo nei baci; molti baci.
Io credo nel diventare forte quando tutto sembra andare storto.
Io credo che le ragazze felici siano le ragazze più belle.
Io credo che domani sarà un altro giorno (magari migliore) ed io credo nei miracoli.
15 maggio, 2010
Tra terra e cielo
13 maggio, 2010
Leggere con attenzione
http://www.greenpeace.it/deforestazionezero/Presenti al Salone del Libro presso il Padiglione 2, Stand F 133.
04 maggio, 2010
A buon intenditor
"In occasione della Fiera Internazionale del Libro in corso a Torino, Greenpeace ha organizzato una giornata per le foreste, con lo slogan "Per fare un libro NON ci vuole un albero". Così, sul piazzale antistante la Fiera, un grande libro fabbricato in legno certificato FSC (Forest Stewardship Council) ha salutato i visitatori, raccogliendo messaggi in favore delle foreste e di una editoria responsabile" (...)
http://www.greenpeace.org/italy/ufficiostampa/comunicati/fiera-libro-torino
"Il 16 maggio alle 15.30 presso lo Spazio Stock i visitatori potranno incontrare lo scrittore amico delle foreste Giovanni Del Ponte e conoscere da vicino chi sta attivamente contribuendo, insieme a Greenpeace, alla protezione delle foreste millenarie". E...congratularsi con loro!!!
02 maggio, 2010
In Memoriam
quando il sangue mi scorre lento e i venti pungono
e fremono e il cuore è malato
e tutte le ruote dell’ essere sono lente.
Resta accanto a me quando il corpo sensuale
è tormentato dai dolori che sconfiggono la fiducia
e il Tempo, un maniaco che sparpaglia polvere
e la Vita, una furia che getta le fiamme”.
30 aprile, 2010
26 aprile, 2010
Le ali ai piedi
Disfo la valigia dopo un week-end nell' incantevole ed incantata Venezia e mi accorgo all' improvviso, immersa nell' apparente solitudine della mia camera da letto, di avere qualcosa da dire, qualcosa che risuona come un motivetto, difficile da dimenticare, nella mia memoria, poche parole, qualche seria affermazione ed ovviamente una sana polemica, magari poco costruttiva, ma assolutamente genuina. Non so da dove partirò ma ho la certezza di dove arriverò. Ecco, si, magari da qui... Adoro viaggiare e non c'è mezzo di comunicazione su cui io non sia disposta a salire ansiosa di raggiungere una destinazione. Sicuramente affido la maggior parte dei miei spostamenti quotidiani al mio 36 di scarpe, seguendo l' andamento delle stagioni (scarpe da ginnastica a Primavera, infradito d' Estate, stivali in Autunno e spesso, viste le ultime nevicate, anfibi in Inverno), cammino, passeggio, corro trafelata quando, per fortuna raramente, mi accorgo di essere in ritardo. Sono proprio le estremità la parte di me che preferisco, insomma la risposta alla solita domanda che spesso ci si sente porre "Qual è la parte di te che preferisci?". Niente di estetico insomma. Chiusa questa prima parentesi, consapevole del fatto che in questo post ne aprirò e chiuderò sicuramente molte altre, proseguo determinata. In auto da bambina soffrivo le pene dell' Inferno, la tappa vomito era obbligatoria lungo il percorso, fosse questo della durata di un' ora o più, non faceva alcuna differenza per il mio stomaco se fossimo diretti al mare o in campagna, ad un certo punto doveva dire la sua. Ora non è più necessaria alcuna fermata, sarà che l' organo colpevole si è tranquillizzato o semplicemente ha scoperto che anche a lui infondo piace moltissimo viaggiare. Alle ferrovie ho affidato a diciotto anni il mio cuore, sulla Torino-Milano, impaziente, invocavo spesso il Santo protettore della puntualità che dal canto suo, distratto, raramente mi ascoltava: ritardi biblici, che non scorderò, rubavano baci e carezze al mio primo amore, riducendo drasticamente il periodo della mia permanenza nell' allora non poi così vicina metropoli (altro che Frecciarossa...). E poi la rivelazione del secolo, una straordinaria possibilità per l' essere umano: volare. Un' esperienza che rivivo sempre con emozione, quell'emozione dei bimbi sulle montagne russe, o dopo la miglior spinta di un papà all' altalena, insomma quella sensazione che parte dallo stomaco e paralizza il sorriso in fase di decollo, che cancella la paura per dar spazio ad adrenalina ed incoscienza. La tecnologia ci ha messo le ali ed io quando le spiego sono straordinariamente felice. Mi affido se necessario anche a traghetto, gommone o zattera, su cui respirare sole, sale e mare. La bici fa rivivere il "teppista dalla rasetta facile" che è in me, l' autobus mi ricorda tanto i giorni di scuola e ora, da ormai quattro anni anche a Torino, si può parlare di metropolitana...(pssss forse siamo giunti al capolinea !!!). Questo mio lungo excursus sui mezzi di "trasporto", avrei potuto dilungarmi ancora un po' dedicandomi anche a quello che dopo i piedi uso più frequentemente, vale a dire, la parola, mi permette di polemizzare in allegria su quanto ho potuto vivere ieri sera in primissima persona. Premessa, si un' altra: adoro Torino, è la mia città natale e non mi sentirei a casa in nessun altro posto all' infuori di qui, chiusa la premessa, ma ultimamente rimango spesso sconcertata dalle scelte che fa chi è al potere.19 aprile, 2010
Strano ma...Volo
28 marzo, 2010
18 marzo, 2010
Reminiscenze letterarie
"Quando il rusignuolo entro le foglie dà amore e ne chiede e ne prende e move il suo canto allegro e giocondo e spesso riguarda la sua compagna e i ruscelli son chiari e i prati son vaghi, allora, pe 'l novello placere che regna nel mondo, gran gioia vienmisi a posare nel cuore. 10 marzo, 2010
03 marzo, 2010
Volere volare
Nessuno mi ha promesso "Non morirai".
Eppur senz' ali ho già volato tanto
ed ora senza alcun rimpianto
di promesse mancate,
di cose incompiute,
senza pena aggiunta o tolta,
mi preparo a volare un' altra volta".
01 marzo, 2010
Un pensiero foglia
24 febbraio, 2010
Trova il tempo
è la fonte della forza.
Trova il tempo di giocare,
è il segreto della giovinezza.
Trova il tempo di leggere,
è la base del sapere.
Trova il tempo d'essere gentile,
è la strada della felicità.
Trova il tempo di sognare,
è il sentiero che porta alle stelle.
Trova il tempo di amare,
è la vera gioia di vivere.
Trova il tempo d'essere contento,
è la musica dell'anima".
...Buon viaggio...
23 febbraio, 2010
Riflessi
15 gennaio, 2010
Cenni storici
13 gennaio, 2010
Le 17.00 in punto
Davide era stato piuttosto categorico "Quel film non fa per te !". Dapprima con un sms poi con una telefonata, più da fratello maggiore che da amico, mi avvertiva degli effetti collaterali della visione del film Hachiko: "Simo, davvero lascia stare, io più ci ripenso e più mi sento in dovere di dirtelo...Lascia stare !". Cocciuta come sono, l' ho ringraziato e, quasi come se avessi dovuto affrontare chissà che, l' ho tranquillizzato "Amico mio, è solo un film !".12 gennaio, 2010
Distanze
"Un giorno, un pensatore indiano fece la seguente domanda ai suoi discepoli:"Perché le persone gridano quando sono arrabbiate?"
"Gridano perché perdono la calma" rispose uno di loro.
"Ma perché gridare se la persona sta al suo lato?" disse nuovamente il pensatore.
"Bene, gridiamo perché desideriamo che l'altra persona ci ascolti" replicò un altro discepolo. E il maestro tornò a domandare: "Allora non è possibile parlargli a voce bassa?" Varie altre risposte furono date ma nessuna convinse il pensatore. Allora egli esclamò: "Voi sapete perché si grida contro un'altra persona quando si è arrabbiati? Il fatto è che quando due persone sono arrabbiate i loro cuori si allontanano molto. Per coprire questa distanza bisogna gridare per potersi ascoltare. Quanto più arrabbiati sono tanto più forte dovranno gridare per sentirsi l'uno con l'altro. D'altra parte, che succede quando due persone sono innamorate? Loro non gridano, parlano soavemente. E perché? Perché i loro cuori sono molto vicini. La distanza tra loro è piccola. A volte sono talmente vicini i loro cuori che neanche parlano, solamente sussurrano. E quando l'amore è più intenso non è necessario nemmeno sussurrare, basta guardarsi. I loro cuori si intendono. E' questo che accade quando due persone che si amano si avvicinano."
Infine il pensatore concluse dicendo: "Quando voi discuterete non lasciate che i vostri cuori si allontanino, non dite parole che li possano distanziare di più, perché arriverà un giorno in cui la distanza sarà tanta che non incontreranno mai più la strada per tornare."
10 gennaio, 2010
Cartoline dal futuro
Termina qui la prima settimana di un nuovo anno ed ancora mi sembra di vederli: sorridenti con il loro calice tenuto ben stretto e rivolto verso il cielo quasi a chiedere pietà affinchè tutto possa migliorare, cambiare, risollevare le teste di coloro che il cielo non lo guardano più. Disordinatamente in fila, uomini impettiti in maleodoranti frac, con un bel sorrisino ottimista da esibire in pubblico ma con i polsini della camicia inamidata logori e sbottonati e donne dallo sguardo tagliente e dalle labbre sottili ma rosse con un rossetto volgarmente sbavato. Si baciano ed abbracciano rivolti verso il domani, il futuro, il nuovo. Ma ahimè il futuro non va cercato nè accolto solo vissuto e, anche se è difficile accettarlo e rendersene conto, già lo stiamo vivendo, siamo tutti nel futuro, perchè il futuro è adesso, oggi è futuro. Solo i codardi (come me) girano le spalle, seguono la direzione opposta, tengono bassi i calici vuoti, cercano chi non c'è, parlano con chi non sente, tristemente nostalgici, stupidamente fragili, sfuggono al "domani" rifugiandosi nel "ieri". A volte mi domando dove stia la novità, cosa ci sia di meraviglioso in quello che ci aspetta, in quello che i cervelloni pensano possa migliorare il nostro vivere di per sè agitato e caotico, ci sono cose che cambiano ogni secondo ed altre per le quali non basta una vita. Oggi si muore di cancro esattamente come ieri, oggi si abbattono intere foreste esattamente come ieri, oggi la crudeltà dell' uomo non si è minimamente assopita esattamente come ieri. Di chi e quali sono i buoni propositi ? Ma quante cose dovranno o potranno ancora vedere i miei occhi ? Piccole donne diventare donne piccole ed insicure nell' imprigionare in mutande contenitive gli attributi dei loro mariti, cercando di garantirsi così un' improbabile fedeltà assoluta, quando di assoluto non c'è più nulla e meno che mai l' elastico di quegli indumenti; uomini grandi, belli, importanti e forti come alte querce tornare improvvisamente bambini e ricominciare a giocare con i Lego, mattoncini di cuore trovati qua e là per costruire torri altrettanto alte ma destinate a crollare miseramente come previsto: giocare con i sentimenti può rivelarsi divertente ma assai poco innovativo, esattamente come ieri. E donne orgogliose, permalose, coraggiose, sicure di sè, perdersi e non riuscire più a ritrovarsi, cercarsi in un cassetto sgangherato chiedendosi affannosamente "Ma dove sei finita?" e non riconoscersi nè in una foto del passato nè in una cartolina dal futuro. Ho visto anche questo. Un giunco che si piega, rinunciando ad emergere, vive bene anche se le foglie, come lo sguardo, non puntano il soffitto ma il pavimento, un po' di luce arriva comunque. Mi dispiace non scrivere più intingendo un pennino nell' inchistro, scoprire che l' amicizia o è su Facebook oppure chissà dov'è, riporre le mie speranze nel passato per un' assoluta mancanza di fiducia in chi mi circonda, tutto ciò mi dispiace e mi rende profondamente triste nonchè vulnerabile ad ogni eventuale cambiamento che ancora dovrò mio malgrado affrontare. Oggi è così, domani chissà...












