26 aprile, 2009

25.04.'09 h. 10,30

Ieri sera in valigia ho messo un raffreddore che si trascina e non sembra avere intenzione di passare, la voglia di una dormita sana possibilmente senza sogni ed il desiderio di trascorrere una giornata non tra amici ma ormai, praticamente, "in famiglia" tra una risata ed una bevuta di Menabrea. Durante il viaggio cantare mi distrae e più alzo il volume dell' autoradio, più la mia voce roca cerca di scaricare anche qualche piccolo pensiero di troppo rimasto "incrostato" alla mia mente insieme alla massima con cui ho chiuso la settimana "contro il niente non posso più farci niente". L' autostrada corre, io con lei e in un attimo, guardando fuori dal finestrino, mi accorgo di uno scenario surreale a cui non avevo mai fatto molto caso: piccoli quadrati di cielo e pioggia scivolati sulla terra...o solo risaie? Se a qualcuno capiterà di viaggiare di notte, nel biellese, dia un' occhiata magari con sguardo adolescente, irrazionale, "senza filtro", non guardi ma immagini e poi racconti ciò che ha visto il suo cuore e non solo i suoi occhi: a chi gli sta accanto, un' amore, un amico reale o immaginario, a chi ancora ha voglia di starlo ad ascoltare magari senza giudicarlo un sognatore con troppi sogni, portatore sano di malinconia, adolescente di una certa età. Sembrano tanti specchi in cui il cielo si riflette, in cui non può apparire diverso da com'è ed allora il week end inizia specchiandosi nelle risaie.
Ora sono qui, scrivo sotto il porticato, seduta su una vecchia sedia di vimini, davanti a me solo il verde del parco della Burcina, non potrei chiedere di meglio per radunare pensieri ed idee. A farmi compagnia un galletto senza orologio che canta ancora nonostante l' ora tarda, ma, a dir la verità, è dalle cinque di questa mattina che si fa sentire e a quanto pare, nessuno gli ha ancora dato retta.
La "carovana" è in viaggio, manca poco al loro arrivo: sorridenti, allegri, i soliti, gli affezionati, quelli che ovunque te ne vai, anche solo con il pensiero, riescono sempre a "recuperarti" non facendoti mai sentire veramente sola. Sono fortunata, lo sono eccome e a volte mi chiedo se io riesca a dimostrargli abbastanza quanto loro siano importanti per me .
Non è richiesto essere "uguali" per essere amici anzi ognuno di noi ha un carattere ben diverso ma si sta bene insieme così, un po' come gli ingredienti di un dolce genuino e casalingo che alla fine preferisci a quelli raffinati ed elaborati con tanta panna che, anche dopo poco, si "smonta".
Un dolce che non ti nausea, non ti appesantisce, del quale non ne hai mai abbastanza ed è già ora di dire..."ne voglio ancora"!

22 aprile, 2009

Earth-day

"Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera".
Godiamoci la Terra fino a quando ne avremo la possibilità !

La differenza

Difficilmente mi arrendo di fronte all' evidenza, raramente apprezzo chi decide anche per me, ma ci sono casi in cui non resta che abituarsi all' idea di aver fallito, di aver provato ma non esserci riuscita. Posso cambiare idea mille volte in un solo secondo ma non pretendere di poterla far cambiare a chi, molto più determinato, la pensa ormai diversamente. Non ho un carattere facile e a volte mi stupisco di come ci sia gente che nonostante tutto mi accetti per quella che sono e, ribadisco, sono, non appaio. Sono stanca di "farmi" pubblicità, stanca di dovermi difendere per cosa poi? Un' amicizia? Ma l' amicizia non va propagandata, l' amicizia o c'è o non c'è, non è pubblicizzare un prodotto esaltandone le qualità e nascondendone i difetti, l' amicizia è una persona che ti si avvicina magari in punta di piedi, ti gira attorno scrutandoti in silenzio e a cui alla fine piace tutto ciò che ha visto (o quasi), andando oltre e non cercando di cambiarti. Capisco però che sia più facile dar retta a chi critica piuttosto che a chi apprezza, seguire l' onda dei dubbiosi che insinuano la loro "verità" per gelosia invitando a diffidare, a non credere, a star sempre sul chi va là, a non dare confidenza ma piuttosto a dare un giudizio: beato chi ci riesce, beato chi mantiene le giuste distanze, chi non si lascia trasportare coinvolgere perchè soffre sicuramente meno. Gode di tutta la mia stima ed ammirazione chi si allontana con un "E' andata così...", vorrei essere anch'io così determinata ma forse è solo questione di maturità. Un anno fa credevo in un sacco di cose a cui oggi non credo più, avevo un barattolo di Nutella nascosto nella dispensa e una canzone che parlava di lacrime da canticchiare allegramente...Il barattolo è scaduto e la canzone non me la ricordo più.

20 aprile, 2009

Un' estate fa...

Una foto: a volte basta uno scatto per capire quanto una persona sia felice e tu, amica mia, oggi mi sembri davvero molto felice. Te lo meriti perchè sei sempre stata una persona solare, generosa, presente e, anche se a distanza, il tuo affetto non mi ha mai abbandonata. Ho trascorso in tua compagnia le estati più divertenti e chiassose, sempre in quel piccolo paesino di mare dove i divertimenti ce li si inventava ed il tempo a disposizione non bastava mai. Quando ti ho conosciuta eri una bimbetta esuberante e già allora carica di buonumore, avevi un braccio ingessato ma questo non ti impediva di correre a perdifiato e giocare persino a pallone, come se nulla fosse. Il 31 agosto ci si salutava con lacrime e scene strazianti ma ci si prometteva di scriversi non appena arrivate in città, rendendo così un po' meno lungo e freddo l' inverno che ci aspettava. E se ormai sono passati più di vent' anni da allora io ricordo ancora bene tutto ciò che abbiamo condiviso...Le magliette in spiaggia per coprire i chiletti accumulati forse a causa di un maritozzo di troppo, le risate sugli scogli sotto il sole cocente ma anche le lacrime sotto una pioggerella inaspettata, le prime cotte ed i primi amori, le serate con il coprifuoco sempre troppo presto, sempre troppo puntuale. Litigavamo, è capitato, ma i musi lunghi non duravano mai così tanto ed allora forse, ce li si dimenticava anche più in fretta. Non ho avuto bisogno di ricercarti su Facebook o chissà dove perchè non ti ho mai persa e se un giorno finirà l'era del pc, dei telefonini, di ogni mezzo di comunicazione artificiale ed ipertecnologico, io saprò comunque come trovarti anzi come non perderti. Ti voglio bene e sono felice di saperti felice!

18 aprile, 2009

Cèline

Sopra il Principato di Monaco, arroccato su una collina a picco sul mare, sorge Eze: un grazioso borgo medievale dove il vento soffia forte scompigliando le chiome dei turisti e dei deboli pini marittimi. Ci si arrampica per una stradina ansiosi di raggiungere la cima, non ci si affanna perchè il desiderio di "respirare" da lassù il mare fa sentire meno la fatica e stimola l' immaginazione. Il susseguirsi di piccole botteghe di giovani artisti pressochè sconosciuti, quadri colorati dai soggetti spesso incomprensibili, gioielli originali non preziosi ma unici nel loro genere, accompagna la salita e una volta arrivati, dove oltre c'è solo più il cielo, le jardin exotique vraiment très jolie...Modesto, decisamente molto diverso dai vicini Giardini Hanbury, ma data la posizione, extraordinaire. Una varietà di succulente già fiorite, esplosioni di margherite e campanule tra le rocce e dove finisce il verde inizia il blu. Subito non le ho notate ma le ho sentite bisbigliare, credevo ingenuamente fosse il sibilo del vento ed invece mi sbagliavo, erano loro e le loro confidenze, i loro battibecchi i loro pianti...presenze dai corpi sinuosi, dai volti assenti, con lo sguardo sempre indirizzato verso il mare. Mi sono guardata intorno ma nessuno a parte me sembrava stupito, incuriosito, attratto da quelle donne, da quelle dee. Mi sono avvicinata a ciascuna di loro: Margot la seduttrice, Barbara la sognatrice e, in un angolo, Cèline, triste, pensierosa, le guance di terracotta solcate da una lacrima non di pioggia, sola con un pensiero...lui. L' ho trovata dopo tanto peregrinare l'ho finalmente trovata, è senza dubbio lei l' amore del mio uomo di terracotta. Quando in una fredda mattina d' autunno, spalancando la finestra, ancora in pigiama, l' ho sentito sospirare di nostalgia, gli ho domandato se fosse la tristezza di una nuvola nascondisole a renderlo così affranto oppure il ricordo di un amore lontano, che domanda stupida gli ho posto: non sono le piogge o le intemperie a preoccuparlo, non lo sono mai, è la solitudine, il non riuscire ad arrivare abbastanza
lontano con lo sguardo per scorgere ancora il suo volto ma doversi accontentare di ascoltare le sue dolci parole soffiate dal vento. Il loro amore è puro, sono fatti l' uno per l' altra, creati dalla mano di un artista che li ha modellati con cura rendendoli perfetti agli occhi di chi li ammira non conoscendoli, ma imperfetti nel non riuscire a dimenticarsi. Ogni notte lei gli canta La vie en rose e lui, con aria sognante, ne fischietta il ritornello.

Il saputello

C'è, è realtà, alta, maestosa, con pioli larghi e spaziosi. Scintilla al sole e tintinna sotto la pioggia, è lì, immobile, inanimata, nulla la può distogliere, nulla distrarre. I bambini la guardano incuriositi e tra tutti si sente il saputello esclamare con aria saccente, circondato dai compagni dubbiosi "ma sì, è una scala antincendio, non lo sapete???". La si può finalmente ammirare in tutto il suo splendore nel piccolo cortile di quella piccola scuola elementare di mattoni rossi in Via Collegno. E' quasi passato un anno da allora, quando scrivevo e piangevo dalla rabbia, firmavo petizioni che chissà in che modo sono state cestinate e speravo, come sempre, inutilmente. Degli alberi secolari non sono rimaste nemmeno più le radici e quel mostro metallico sgraziato, grossolano, sproporzionato sembra esserne fiero di averne preso il posto. Non dovrei più stupirmi e non dovrei più soffrirci, eppure continuo a farlo perchè non posso e non riesco ad accettare che la gente, nei confronti della natura, sia sempre più indifferente, in certi casi addirittura ignorante, cattiva e spietata. E allora non stupiamoci dinnanzi alle conseguenze che ci verrano riservate e che ci ritroveremo inermi ad affrontare, non stupiamoci se vedremo i nostri figli abbracciare un palo della luce anzichè un giovane tronco, cercando un contatto in qualcosa di statico ed inanimato. Io ho solo più fiducia nei bambini, non nei loro genitori, perchè, magari non il saputello, ma tutti gli altri se lo sono chiesti "i nostri alberi dove sono?" li ho sentiti, non immaginati e forse la loro ingenuità si rivelerà davvero la nostra unica salvezza.