28 giugno, 2009

Giacomo & Bono


"Spettabile commissione, ho diciott'anni e sono innamorata. Non lo sono certo perchè in questi cinque anni di liceo scientifico, seduta ad un banco di formìca verde, ho letto e ripetuto frasi celebri, sdolcinate ed, in certi casi, strazianti, alla platea composta dai miei cari compagni diretti dalla Prof di italiano e latino, che insieme mi hanno convinta su quanto fosse straordinario questo sentimento, lo sono piuttosto, perchè un giorno mi sono guardata intorno ed ho capito che l' amore è ovunque e non mi restava altro da fare, che piegarmi al suo volere. La natura chiede amore ed allora mi ritrovo a cantare il "Sabato del villaggio" di Leopardi alla mia stanca primula gialla che, nel suo stretto vaso di terracotta appoggiato sul davanzale della finestra della mia stanza, cerca di sopravvivere ad un altro inverno che verrà: canto e non recito perchè, se la poesia è amore, per me, anche la musica lo è, un archetto che sfiora la corda di un vecchio violino come due bacchette nervose percuotono la pelle tesa di un tamburo, mia madre spesso mi invita a smetterla ma la mia vocina, non così celestiale, sulle note degli U2, improvvisa "La donzelletta vien dalla campagna...". A mio avviso è proprio in questo caso che, tra l' altro uno dei miei autori preferiti, ha cercato di staccarsi di dosso quella scomoda etichetta con su scritto "Pessimismo cosmico" che lo voleva sempre triste, solo, ammalato e dilisilluso, a causa di un amore impossibile. Che sciocchezza! L' amore dona felicità anche se non corrisposto e lui lo sapeva: la voce tremula, i crampi allo stomaco, le lacrime inspiegabili, lunghi ed interminabili sospiri nell' attesa di un arrivo o magari un ritorno, l' amore è meraviglioso anche se fa soffrire perchè riesce a smuovere l' anima che, ormai troppo spesso, ai giorni nostri ma forse anche allora, resta immobile dinnanzi ad un' emozione. La condivisione lo rende stabile e dalla bellezza incommensurabile ma, vittime del destino, non si può certo rifuggerlo se arriva, ci sbatte contro e tristemente non rimbalza ma ci si incolla addosso. Lo si cerca di contrastare con l' odio ed allora Catullo..."Ti odio e ti amo. Come possa fare ciò, forse ti chiedi. Non lo so, ma sento che così avviene e me ne tormento" ma francamente l' odio che scaturisce da un amore non è poi così credibile e pericoloso, soltanto un ulteriore escamotage, forse nella speranza di riuscire a soffrire di meno. (...)"

Mi diverto, non sapete quanto e tutti gli anni, da un po' di tempo a questa parte, non ne riesco a fare a meno, ridete pure, l' hanno già fatto tutti coloro a cui ho raccontato questa mia bizzarra abitudine di svolgere una delle tracce affidate ai maturandi. Anch'io stasera, un po' in ritardo rispetto all' inizio delle prove scritte, a causa di impegni di lavoro, ho iniziato il mio tema che ancora però non ho consegnato...Da inguaribile romantica ho scelto quello sull' innamoramento e con una sorta di "licenza poetica" mi sono catapultata nel passato, quando già credevo nell' amore ma forse ne assaporavo maggiormente le sfumature.
(Continua...forse)

27 giugno, 2009

Ode al vento dell' ovest

(...) "Fossi io una foglia che trasporti, o vento,
fossi una nube che segue il tuo volo
fossi un'onda gonfiata dal tremendo
tuo soffio: e fossi anch'io potente, solo,
libero come te, che mai nessuno ha incatenato!
Un tempo, vagabondo, correvo
e ti seguivo lungo il cielo:
tu percorrevi a passi azzurri il mondo
e sognavo di starti al fianco.
Ma ora sanguino fra le acute spine, stanco:
ti prego, alzami, vento, come un'onda o una foglia,
o una nuvola!
Io gemo, da una catena d'ore imprigionato,
io che ero come te: orgoglioso e libero,
come te: coraggioso e mai domato".
(...)

19 giugno, 2009

Uao !

Non so esattamente cosa vorrei scrivere in questo momento, a quest'ora (per intenderci quella famosa "non ora") e forse non dovrei neanche farlo. Quello che so è che è da un po' di giorni che mi racconto, strada facendo, l' inizio di un romanzo rosa scritto in modo obsoleto, melenso, ben poco intenso, dalla trama sdolcinata e davvero di scarso spessore. Una vera "schifezza" letteraria e, volendo fare un semplice paragone, Harmony in confronto è "La Divina Commedia". Mi sono immaginata persino chi l' avrebbe letto e commentato con una sola e semplice esclamazione "Che porcheria!". Ho pensato, intervallando il racconto a momenti di lucidità, che le parole ed i pensieri non dovrebbero essere sprecati in questo modo, insomma, anche prima di parlare tra me e me, dovrei pormi la fatidica domanda: "Ha un interesse utile e tangibile cosa sto per pensare e dire? No? E allora, meglio non pensare a nulla". Hi, hi, hi, bizzarro, tipico esempio del mio vizio di sproloquiare anche senza un interlocutore, non è affatto questo quello che avevo in mente...Ma, come è mio solito fare, prendendo in giro me stessa quando faccio la seria, adesso, in questo preciso istante, anzichè far scivolare le dita sulla tastiera, uscirei sul balcone e guardando un non-punto, fissando un non-orizzonte, esclamerei soltanto "Uao" che, di per , davvero, non significa nulla. Per mille ed una sola ragione, per un sorriso ora rivolto a qualcun altro ma pur sempre molto carismatico, per un non-ricordo, per una non-amicizia, per un' assoluta non-nostalgia, per qualcosa che non si vede e non si sente, non la si può immaginare ed ho persino paura a pensare "c'è"...e piango. In lontananza.

17 giugno, 2009

Elogio della follia

"Osservate con quanta previdenza la natura madre del genere umano ebbe cura di spargere ovunque un pizzico di follia.
Infuse nell'uomo più passione che ragione perché fosse tutto meno triste.
Se i mortali si guardassero da qualsiasi rapporto con la saggezza, la vecchiaia neppure ci sarebbe.
Se solo fossero più fatui, allegri, dissennati, godrebbero felici di un'eterna giovinezza.
La vita umana non è altro che un gioco della follia.
Il cuore ha sempre ragione..."

15 giugno, 2009

Verde vita

Quando scrivo, che sia notte oppure giorno, non guardo mai l' orologio e questo perché temo che la sola vista delle lancette acceleri in qualche modo la stesura delle mie parole, mettendomi fretta di arrivare alla fine. Quando si scrive, a mio avviso, l' ultima cosa a cui bisognerebbe prestare attenzione è il tempo che passa, le ore che scorrono, il nuovo giorno che arriva o il vecchio che ci lascia. A me succede così: quando scrivo è come se mi trovassi in una condizione a-temporale dove concetti come tempo e spazio non hanno più alcun significato, come se galleggiassi sui miei pensieri, come se parole in corsa, solo nella mia testa, sentissero il bisogno impellente di uscire, a volte come un urlo nel silenzio, altre volte come un bisbiglio in un orecchio. Credo sia l' abitudine che ponga un freno ai nostri istinti: l' abitudine di sostenere che un' ora piuttosto che un' altra sia ideale per andare a dormire e spegnere la luce e le idee, l' abitudine di attribuire sostantivi come "tardi" ad un qualcosa senza confini come il tempo, l' abitudine di rimandare l' "adesso" a "poi". Stamattina andavo in ufficio, come tutte le mattine: lo stesso viale, gli stessi volti, sull' asfalto ormai è come se fosse disegnato il mio percorso da seguire, come in quel vecchio gioco per bambini dove prima disegnavi, su una specie di mappa della città, una linea continua e poi ci posavi sopra la macchinina che partiva per il suo, più o meno, lungo viaggio. A me succede la stessa cosa: percorro la mia linea retta e, una volta arrivata alla rotonda, uno sguardo a destra ed uno a sinistra e l' attraversamento decisa, ma stamattina..."Signorina, è rosso!", impossibile! Ci sono 4 semafori da circa 3 mesi o forse più, belli, iper tecnologici, ma ahimè non funzionanti, inutili, sempre lampeggianti di un bell' arancio vivo, sollevo lo sguardo e...rosso. Stasera, al mio rientro a casa, tutto era di nuovo come prima, come ieri: 4 inutili presenze, lampeggianti, ma per un attimo stamattina i semafori hanno vissuto. Abitudine, routine, assenza di sorpresa e stupore. Non mi vorrei più affidare all' abitudine e non solo perchè oggi ho rischiato di essere investita ma piuttosto perchè, forse, il non dare più nulla per scontato magari riserva davvero delle sorprese, belle o brutte che si rivelino poi ed io non smetto di averne bisogno. "Abitudine" è già di per sè una parola noiosa, in cui si cerca una qualche sicurezza ma alla fine è come se ci si sedesse sulla solita vecchia poltrona già un po' sgualcita e polverosa, sicuri certo, ma pur sempre annoiati. Spesso per abitudine non si da più alcuna importanza a ciò che capita, a ciò che magari ci lascia indifferenti ma che in realtà ha dell' incredibile proprio com'è incredibile che io, figlia di un orologiaio, abbia in questo momento l' orologio in un cassetto, che mi senta più sveglia di quando suona al mattino la sveglia e che una giornata di lavoro, come quella di oggi, non pesi affatto nè sulla mia mente nè sul mio corpo. Mi consola e rallegra il fatto che milioni di persone, in questo momento, abbiano chiuso, proprio come me, la loro stanchezza in quel cassetto insieme all' orologio e che si affidino, magari non così solitari, ad una notte di sorprese in cui nulla di ciò che diranno o scriveranno sarà dettato dall' abitudine. A loro auguro che il semaforo sia sempre verde, di un bel "verde vita" e mai lampeggiante a tradimento mentre io, rincorro le mie "sorprese".

07 giugno, 2009

Una croce sopra

Non ho mai considerato l' argomento "politica" interessante tanto meno così coinvolgente da sentire il desiderio di parlarne. Sono attualmente lontana chilometri e chilometri da qualsiasi partito e dai relativi leader, ritengo che nessuna critica attualmente mossa da una fazione piuttosto che da un'altra, si sia rivelata costruttiva e quindi tanto varrebbe non farla, senza contare che ormai l' affermare che ci sarebbe bisogno solo di qualcosa di nuovo, di qualcosa di coinvolgente ed innovativo è considerato "banale". Quindi riassumendo il mio pensiero politico, mi ritengo un' estremista assai banale, che ultimamente sta scomoda sia a destra che a sinistra ed al centro, non c'è mai stata. Anche oggi si vota: ho il seggio sotto casa, potevo scendere in ciabatte e pantaloncini, infischiandomene della formalità e del rispetto nei confronti di un gesto considerato ancora da alcuni un "dovere" da bravi cittadini. Svogliatamente con carta d' identità un po' logora e scheda elettorale stropicciata, ho varcato la soglia di quella stessa scuola nel cui cortile hanno tagliato i miei affezionati alberi. Imperturbabile, senza esitazioni, sono entrata nel seggio, ho posato il cellulare, consegnato i miei documenti e...cosa???Una matitina della lunghezza di circa 10 cm vecchia e sporca e due chilometriche schede elettorali, due lenzuola o comunque un lenzuolo la scheda gialla ed un fazzoletto quella grgia, ma com'è possibile? Ho avuto l' istinto di pronunciare un "No, grazie" girare i tacchi, riprendermi ciò che era mio e salutare cordialmente i ragazzi presenti. Preistoria. Mi avessero consegnato una stele ed uno scalpello o una tavoletta di cera ed un punteruolo, avrei provato lo stesso sdegno. Carta, carta, carta...chilometri di carta, in questo caso spessa, rigida, difficile persino da piegare ed imbucare nell' urna. Mi domando se sia io a farci più caso ultimamente o se lo spreco sia diventato una sorta di provocazione per suscitare una reazione da parte di chi invece continua ad essere indifferente. I simboli non erano nemmeno così numerosi, avrebbero potuto essere ugualmente ben riconoscibili anche in uno spazio più ridotto e comunque ci riteniamo così avanti con la tecnologia e ancora usiamo carta e penna o meglio un residuo di grafite definita "speciale" perchè indelebile e praticamente un cartoncino. Uno schermo o una tastiera su cui "cliccare" sul simbolo prescelto esprimendo così, ecologicamente, la nostra preferenza è un' idea banale vero? Pare che questo sistema venga attualmente usato solo negli Stati Uniti e che ahimè sia sotto accusa per questioni di brogli. Come se qui da noi, tra un mese, non sentiremo al telegiornale che sono state ritrovate schede votate in qualche scantinato o che è tutto da rifare per il solito, subdolo, mercato della compravendita dei voti. Per evitare brogli che continuano ad esserci, stampiamo schede-lenzuola. Che assurdità! Ahimè sono polemica, lo sono sempre stata, ma il non riuscire ad avvertire il minimo cambiamento neanche in ciò che sembrerebbe ovvio, lo trovo deprimente e mi chiedo chi ha varcato la mia stessa soglia, oggi pomeriggio, con il sorriso sulle labbra e nel cuore una miriade di speranze, a chi o a che cosa stesse realmente pensando. Io ho pensato: dietro al simbolo non c'è più un albero ed è su quello che sto mettendo una croce sopra, ma io, si sa, sono molto molto banale.

06 giugno, 2009

Un anno di blog

Sono emozionata e confusa, aspetto questo momento da un anno e finalmente...Salgo in fretta le scale, il peso delle borse della spesa non rallenta la mia scalata, trafelata apro la porta di casa. Sistemo tutto ciò che mi occorre per preparare la cena in frigorifero e mi dedico alla cura dei particolari. Ho lavato le tendine dell' abbaino, profumato l' ambiente al gelsomino, comprato nuovi cuscini ed una tovaglia a quadretti bianca e blu, steso sul parquet un quadrato d' erba e, sorridente, sparso qua e la qualche candela e dei tulipani bianchi, per creare quella magica atmosfera. Cucinerò cose semplici: la mia stima con sopra un velo di maionese, il mio coraggio da accompagnare con una delicata salsa alla timidezza, qualche fetta di emozione croccante, due lacrime per salare l' insalata ed un ricordo per condire un arrosto che non ha sofferto. Sorseggeremo le mie migliori risate e, anche se come cuoca sono davvero un disastro, la mia tarte-tatin avrà il sapore del mio affetto, non sarà nauseante e patetica, ma dolce come non lo sono mai stata. Dobbiamo festeggiare anche se so, che non verrai.

04 giugno, 2009

Game-over

Non sono mai stata una gran appassionata di video games: da adolescente, al mare, frequentavo con gli amici della compagnia "storica", per intenderci quella che la si ritrova tutti gli anni più o meno compatta, la piccola videoteca del minigolf, cimentandomi ogni tanto in qualche partita a flipper o a Puzzle Bubble comunque preferendo il tavolo verde da ping pong, al fresco sotto il pergolato, dove sfogare la mia vivacità, creatività e spirito di competizione. Con l'avvento del pc, le cose devo ammettere sono un po' cambiate anche per me e così mi ritrovavo, quando i primi esami all' università me lo permettevano, a trascorrere ore ed ore davanti ad un videogioco sanguinario e complesso che però sul mio Compaq Presario "girava" piuttosto bene: Forsaken. La copertina del cd rappresentava un cuore avvolto da due giri di filo spinato, un po' macabro ad essere sincera, ma del resto lo erano anche le ambientazioni ed i protagonisti del gioco stesso. Mi aggiravo, cioè, il mio alter-ego, una sorta di punk-guerriera del futuro, un incrocio genetico tra la bella Lara Croft e l' implacabile Terminator, per i sobborghi di una città fantasma, imbracciando un kalashnikov, con un coltello tra i denti e almeno due bombe a mano infilate nelle tasche di una sexy divisa in lattice nero. Buffo, non mi sono mai vista in faccia, ma la sola visione delle mie larghe spalle faceva capire bene quanto dovessi essere determinata nell' affrontare la malavita organizzata dei robot da distruggere. Salivo e scendevo da vecchi vagoni di una metropolitana abbandonata, distruggevo ciò che potenzialmente avrebbe potuto distruggere me e tenevo sempre un dito sul grilletto, un dito sulla tastiera ed un occhio sulle vite ancora da vivere. La grafica, per una che non se ne intendeva e tutt'ora non se ne intende, era accettabile, le fiamme credibili, il frastuono dei combattimenti realistico. Mi impegnavo in quell' inutile vita parallela cercando di arrivare alla fine, alla vittoria: bè non ci sono arrivata e credo, a questo punto, non saprò mai cosa sarei riuscita a vincere o a salvare. L' unico videogioco che ho terminato, vincendo una collana di banane ed un bacio della bella Jane (bleah), è stato Tarzan, dove il simpatico eroe del cartone animato della Walt Disney, attraversava fiumi in piena affidandosi alle liane e lottava, proprio all' ultimo livello, con colui che voleva per sè la sua amata, armato solo di agilità ed un pugnale. Oggi 6 giugno 2009, si festeggiano però i 25 anni di Tetris, in assoluto il mio passatempo preferito: scoperto e sperimentato sempre sul vecchio ed ormai rottamato Presario, l'ho fin dall'inizio giudicato più che un videogioco, un rompicapo pieno di significato. Sei tipologie di blocchi da sistemare in uno spazio, anche piuttosto limitato, da ottimizzare, procedendo con ordine. Solo la mia mente disturbata pensando a Tetris pensa alla vita, creando così un parallelismo che ha dell' assurdo. All' inizio della partita scende lentamente un primo segmento, molto lentamente, c'è tempo per collocarlo ovunque si voglia, a destra, a sinistra, al centro, lui scende con molta molta calma. A seguire un secondo, poi un terzo e così via, allineandosi dove è possibile e scomparendo per lasciare posto agli altri segmenti che verranno, il tempo non rappresenta un problema ciò a cui bisogna badare è l' ordine e la disciplina, solo questo. Poi con l'avanzare dei livelli, subentra una nuova incognita "il caos", il disordine, il tempo accelera e non da tempo, improvvisamente ci si ritrova prigionieri in quel piccolo spazio. Scendono i segmenti contorti, quelli impossibili da incastrare, gli asociali, gli incompresi, quelli che non puoi far altro che impilare, uno sull' altro, destinati a farti perdere la partita creandoti delle difficoltà. Pensate...Quando si nasce e poco dopo, tutto scorre pian piano, gli eventi scendono in noi lentamente creando un substrato, un terreno fertile, ordinato e ben distribuito su cui organizzare tutto il resto che verrà, difficilmente ci si lascia distrarre e si riesce, date le scarse responsabilità a cui si è chiamati, a "gestire" il presente senza troppa fretta nell' attesa che qualcos' altro succeda e cambi la nostra vita. Quello che succede è che si cresce, si avanza di livello, il tempo allora sì che diventa un problema da gestire, l' ordine spesso ci abbandona, dobbiamo "organizzare" i pezzi del nostro puzzle, affrontando il presente e ahimè sotterrando il passato. Quelle file così ben organizzate restano un ricordo e non c'è la possibilità di farle riaffiorare, non c'è la possibilità perchè non c'è tempo. Quando vorremmo veder scendere un semplice e gestibile cubo ci capita un segmento sghembo, quelli ad "S" per intenderci, quelli che ci lasciano interdetti e nasce spontanea la domanda "dove lo metto?", lo impilo e spero in qualcosa di meglio, nel famoso cubo o ancor meglio nel lungo parallelepipedo. Fateci caso la prossima volta che giocherete a Tetris e, magari, riuscirete a capire cosa intendo. Attenzione ad impilare, non si risolve nulla così e si ottiene soltanto di finire precocemente quella che poteva rivelarsi una gran partita. Game-over.

03 giugno, 2009

03.06.1997

Quando ancora qualcuno ci domanda "Ma voi come vi siete conosciuti?" rispondiamo scambiandoci uno sguardo d'intesa ed un sorriso, per l' originalità della mia risposta, che è poi sempre la medesima: "Ho trovato Ste in canile, l' ho salvato dall'abbandono!". Anche se oggi, dopo 12 anni, penso sia stato piuttosto lui a salvare me e non viceversa, ricordo che è andata davvero, più o meno così...Entrambi frequentavamo il Corso per diventare Guardie Zoofile dell' Enpa e questo significava non solo serate passate ad ascoltare lezioni di avvocati e veterinari, etologi e zoologi, prendendo appunti, ma anche dedicare qualche ora nel week end al volontariato in canile. Quella mattina alle nove ero già a pulire le gabbiette dei gatti, svuotare le lettiere e riempire le ciotole di crocchette, malvestita per l' occasione, con una maglietta slavata blu di una famosa squadra di basket, un paio di jeans strappati e rattoppati non certo per moda ma per varie disavventure, capelli raccolti e tenuti nascosti sotto un cappellino da baseball, anfibi: davvero poco femminile, poco affascinate, per nulla sexy. "Simo! C'è da andare all' Anubi, un caso disperato...", "Eccomi! Arrivo". Quando il capo delle guardie ordinava noi volontari obbedivamo e così, sfilati i guanti di gomma e posata la scopa, avevo già in braccio un cucciolo di poche settimane affetto da gastroenterite. "Fatti accompagnare da Ste, lo trovi nel box 22". Ste? E chi è? Sinceramente avevo solo una vaga idea di chi mi sarei ritrovata davanti nel box 22. "Scusa, dovresti accompagnarmi all' Anubi, l'ha detto Enrico...". "Andiamo!". Alto, castano, occhialini da intellettuale, uno sguardo dolce e premuroso rivolto al cucciolo bisognoso di cure che stringevo fra le braccia e neanche un attimo di esitazione nel raggiungere, più velocemente possibile, Moncalieri per cercare di salvargli la vita. Durante il viaggio abbiamo avuto occasione di conversare un po': di animali, università, passatempi e battezzare il nostro cucciolo "Fuorché". All' Anubi hanno fatto davvero tutto ciò che potevano ma, ahimè, Fuorché, dopo una settimana di terapia, ci ha lasciati: in canile la gastroenterite, se non viene curata in tempo, non lascia speranze. Galeotto fu il box 22, il giocare ad innaffiarci con le pompe pulendo le gabbie, altri salvataggi disperati in giro per la città...il 3 giugno alle ore 21,00, Ste era sotto casa mia per il nostro primo appuntamento. Un abitino blu non troppo corto, un paio di paperine dello stesso colore, capelli sciolti, un filo di lucida labbra, il cuore che batteva forte, la curiosità di capire se mi stavo innamorando davvero. So che per timidezza quella sera ho riso tanto e detto un mucchio di assurdità, lui me le ha lasciate dire ed ha ricambiato sempre i sorrisi, fumando una Malboro dopo l' altra e sorseggiando un Martini, in un locale lungo il Po, seduti ad un tavolino, al lume di candela: l' "Imbarco 6". La serata è proseguita al Valentino, più precisamente su una panchina nel piccolo giardinetto roccioso. Il nostro primo bacio, poi un altro ed un altro ancora...passavano le ore come fossero minuti e..."Non ci avranno chiusi qui dentro, vero?, "Mah, non credo, è solo...l'una???!!!!". Siamo corsi all'entrata ed un grosso cartello che, al nostro ingresso avevamo del tutto ignorato, recitava più o meno così: "Chiusura ore 24,00". Davanti ad una cancellata di almeno 3 metri, panico ed incertezza, come avremmo fatto ad uscire? Ovviamente solo ed esclusivamente scavalcando. Ed io che volevo essere così femminile, almeno in quell'occasione, ho dovuto mettere da parte la timidezza ed affidarmi a quel briciolo di forza nelle braccia, le gambe piuttosto lunghe e ad un po' di coraggio nell' affrontare gli spuntoni in cima. Certo avessi avuto indosso i miei comodi jeans strappati tutto sarebbe stato più facile: nell' affrontare l' impresa, l' abitino blu, non mi ha di certo aiutata. Una volta sotto casa abbiamo ancora riso e scherzato sull' accaduto, su quanto fossimo stati distratti ed incauti, confusi ed un po' stupiti. Tutto è cominciato davanti al box 22 e ad uno sguardo in cui, 12 anni fa, mi sono persa.

01 giugno, 2009

Il profeta Niccolò

Cabì pascola felice scegliendo i suoi fili d' erba preferiti, non perdendoci di vista neanche per un secondo, noi sdraiati sul nostro coloratissimo plaid scozzese non ci lasciamo distrarre da ronzii di insetti e fischiettate di uccellini canterini e, tra una carezza ed una risata, proseguiamo la nostra lettura. Ieri, curiosa ed incuriosita, ho acquistato, ahimè ancora su carta, credo una delle ultime opere di Tiziano Terzani "Un altro giro di giostra". Conosciuto ed apprezzato Bruno Munari, mi accingo a godermi i pensieri e le parole di questo nuovo, almeno per me, autore. Il volume che ho scelto parla di vita ma anche di morte, due facce della medesima medaglia, 576 pagine che affronterò con la solita ingordigia che mi contraddistingue quando il desiderio di arrivare alla fine prevalica sulla fatica di tenere gli occhi aperti e le lenti degli occhiali ben pulite. Chiara, a cui ho riferito della new-entry nella mia libreria, già lo conosceva e me ne ha parlato molto bene, un motivo in più per affidarmi nuovamente all' abbraccio delle pagine quando un libro mi si apre davanti. Acquisto i miei volumi un po' ovunque, ultimamente ho optato per la libreria Coop che riserva un po' di sconto sul prezzo di copertina ai soci del supermercato, ma mi trovo a mio agio anche "Al Banco" in via Garibaldi, una sorta di passeggiata al coperto tra due lunghe file, non di alberi come in un viale, ma di volumi di ogni genere. Ieri ero proprio lì con mia madre, entrambe siamo entrate con le idee piuttosto chiare sul cosa cercare. Io ho afferrato il mio tomo dalla copertina azzurra e decisa mi sono diretta verso la cassa, mi sono voltata ma lei in mano non aveva più nulla, eppure un attimo prima felice e sorridente aveva trovato "Coco Chanel". Due parole, una spiegazione piuttosto semplice "Non riesco a leggerlo, è scritto troppo fitto, le parole si scontrano l' una con l'altra...non importa". So quanto mia madre ami leggere, so quanto le faccia piacere cedere alla tentazione di un libro piuttosto che di un programma televisivo, so che difficilmente lascia a metà una storia che l' appassiona, lo so perchè io sono come lei. E così ci siamo ritrovate a parlare di libri digitali, a confrontare le nostre generazioni così distanti ma per un attimo così affini nell' accettare un ulteriore passo avanti della tecnologia. A dire il vero gliene avevo già parlato e lei mi aveva "poeticamente" messo a tacere, facendomi notare quanto sia speciale sfogliare un libro, girare una pagina ignari di cosa ci sia dietro, di cosa la trama riservi, annusare la carta e spostare un segnalibro giorno dopo giorno, non potevo e non volevo allora darle completamente torto ma ora...Ora preferisco abbracciare un albero, accarezzare una corteccia, fare qualcosa che non danneggi ulteriormente altri esseri viventi e a, parte il mio discorso ambientalista, credo che ridarle la possibilità di leggere qualsiasi cosa attraverso un monitor, anzichè un libro stampato egoisticamente per persone "ipervedenti", sia un' idea geniale che sinceramente mi stupisco sia venuta ad una o più esseri umani. E' giusto rinunciare ad un piacere come quello della lettura perchè un editore ha scelto per noi un carattere piuttosto che un altro? L' importante è la vendita, il guadagno e un bel chissenefrega a chi, in questo caso non per ragioni strettamente ecologiste, comprerebbe ma non può per motivi che vanno ben oltre il prezzo impresso su una copertina. Ed allora spero sinceramente di "piantare" presto almeno due e-books nel mio e nel giardino di mia madre. Ultimamente mi sono resa conto che Macchiavelli forse era in realtà un profeta: mai alcun pensiero fu più indovinato ed attuale ai giorni nostri de "Il fine giustifica i mezzi". Mi arrabbiavo e sbraitavo fino a poco tempo fa, perchè vedevo sempre più gente intorno a me che della natura, degli animali, dell' ambiente ne faceva un business, un discorso legato alla moda del momento, o ancor peggio alla sua immagine, perchè parliamoci chiaro una donna che ama gli animali e la natura appare più dolce, sensibile ed affascinante agli occhi di un uomo, magari d' inverno indossa il giubbottino di pelle o il piumino di piuma d' oca (oca animale a due zampe ahimè) ma che importa, paroline come "che tenero quel micetto" o "che dolce quel cagnolino" fanno di lei un barattolo di miele e il fascino ne guadagna. Ma questo è solo un esempio...Mi arrabbiavo, non perchè io sia una miglior animalista e sicuramente una donna meno affascinante, ma perchè non si può esserlo per moda, non si può rispettare la natura per fare colpo, non si può passare "al verde" dopo essere stati per una vita "rosso sangue". Non ho mai cercato nei miei quasi vent'anni da vegetariana di convincere nessuno sul fatto che la mia scelta sia migliore di quella di qualcun altro, non ho mai polemizzato sul fronte animalista giudicando chi non ha anche soltanto voglia di ascoltare e capire le mie ragioni, non l' ho mai fatto ed anche questo fa parte della mia ponderata ed ormai decisiva scelta di vita. Come del resto non mi sono mai vantata delle vittorie lamentata delle sconfitte, se posso far qualcosa in rispetto di ciò che mi circonda e che difficilmente può ormai difendersi da solo, lo faccio e basta, sia questo un animale o una pianta. Ed ecco l' illuminazione !!! Che importa se la donna affascinante non è davvero convinta della straordinaria bellezza della natura, che importa se chi, magari non ci ha mai fatto caso, improvvisamente alza lo sguardo e si meraviglia della fioritura di un albero, che importa se si accarezza un cane per strappare un sorriso a qualcuno, ciò che conta non è più perchè lo si fa ma il farlo e basta e quindi ben vengano gli e-books magari per salvare una foresta, permettere a chi come mia madre è curioso di conoscere le avventure di Coco Chanel o semplicemente per chi ne creerà un business.