Mescolo lo zabaione sul gas, attenta che non si formino i tanto temuti grumi, cerco di starnutire lontano dal tegamino, appoggio le ginocchia al forno semiaperto, nell' attesa che le meringhe si asciughino senza bruciare, ricercando un po' di sano tepore che in questi giorni di malattia mi fa sempre un gran piacere e ripenso a come mi sarebbe piaciuto partecipare a quel concorso al quale alla fine ho tristemente rinunciato.
Il titolo mi ha intrigata da subito, mi ha dato come una forte gomitata al cervello, mi ha sussurrato mille tracce da seguire non certo per vincere, almeno non soltanto, ma per sviluppare un' idea.
Titolo: "Il difetto perfetto", categoria: "Concorso fotografico". Come ho già detto in passato, in ben più d' un' occasione, non sono e non mi interessa affatto diventare una fotografa, mi piace immortalare alberi, scene di vita quotidiana, soggetti, sorrisi, smorfie ma tutto finisce lì, non sto particolarmente attenta all' esposizione nè all' inquadratura, clicco d' istinto, mi guardo intorno, mi stupisco e scatto ed è per questo che viaggio con una piccola digitale in borsa, voglio stupirmi un po' tutti i giorni. All' inizio ho meditato un bel po', consultandomi di tanto in tanto con gli amici: Fede ad esempio mi ha suggerito un clic alla famosa Casa Scaccabarozzi di C.so San Maurizio più comunemente detta "Fetta di polenta", opera dell' Antonelli, difettosa per le bizzarre dimensioni e per il contesto ma perfetta in quanto, nonostante tutto, le sue fondamenta hanno sopportato l'esplosione della Regia Polveriera di Borgo Dora nel 24 aprile 1852, il terremoto del 1887 e i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Chissà perchè Fede non è riuscita a convincermi. Cercavo qualcosa di più originale, di più comunicativo, insomma non lo spazietto in mezzo alla dentatura perfetta di una modella ancor più perfetta ma quasi, qualcosa che riguardasse un essere vivente perchè la parola "difetto" a questo mi fa pensare piuttosto che ad un oggetto inanimato, magari difettoso sì ma mai direttamente per causa sua.
Davanti alla finestra del mio ufficio, un palazzo di almeno otto piani, un parallelepipedo di cemento e mattoni, accoglie al piano attico un ciuffo di splendidi narcisi gialli che a primavera, quando schiudono i carnosi boccioli, solleticano il cielo con i loro petali dispettosi mossi dal vento, capaci di rendere piacevole persino il cemento: peccato che siamo in inverno e ora lassù i narcisi sonnecchino ancora preparandosi al risveglio, quindi niente clic. Non so per quante e quante volte ho ripetuto tra me e me questo curioso titolo "Il difetto perfetto" senza trovare mai un' ispirazione degna di essere colta.
Sfogliando un vecchio, ma proprio vecchio, album di fotografie ho trovato poi quel dentino dispettoso fare capolino tra le labbra rosee di quella bimbetta timida che sperava sempre, allora come trent' anni dopo, di non rovinare ogni clic con quella sua solita smorfietta: un difetto davvero perfetto, inaspettato, non corretto, originale per una fotografia dell' epoca. In questo caso però, per correttezza, avrei dovuto iscrivere al concorso mio padre.
Ed infine, avvicinandomi alla scadenza per la presentazione dell' opera nonchè al Natale, ho pensato di rendere protagonista del famigerato scatto il mio angioletto sfortunato, si si quello dell' anno scorso, caduto dal mio abete sintetico e rimasto infortunato a vita, quello che riesce a volare con un' ala soltanto, quello che riesce ad essere "un angelo" nonostante la vita gli abbia riservato una così tremenda sorte. Sono rimasta un bel po' a fissarlo lì appeso al suo rametto quasi ad ottenere la sua approvazione se avessi violato un giorno la sua privacy, sarà che lui non è stato poi così convincente sarà che sono in una fase in cui nessuna idea mi pare poi così geniale.
Allontanandomi dall' angolo natalizio del salotto, quella stessa sera, ho esclamato: "Dovrei fare una foto ad una radiografia! Sai quanti difetti...". Ed ecco svalato l' arcano, ecco cosa mi ha frenata dal scegliere tra una così vasta moltitudine di proposte, il difetto perfetto esiste ma non si può fotografare, esiste in ognuno di noi che lo teniamo ben nascosto, al sicuro da sguardi ed obbiettivi indiscreti, è quel qualcosa di losco che sappiamo contraddistinguerci da sempre e che, per sempre, convivrà, più o meno comodamente, in noi.
La sua perfezione sta poi nel renderci unici, inimitabili, inconfondibili e per tanto grave o imperdonabile che sia, ci rende diversi, perfettamente soli.
Il 31.01.2010 è finito un anno ma anche la possibilità di partecipare ad un concorso che ho comunque vinto perchè mi ha dato la possibilità di smuovere le idee. Sono felice di essere perfettamente difettosa.
2 commenti:
Post stupendo, come sempre.
Ti ringrazio molto:per il complimento e per il passaggio :)
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