Scrivo "sottovoce" senza bisogno di aspettare un' ispirazione: lei è lì. Dorme al mio fianco, nella sua nido-culla, beata, ogni tanto persino sorridente, con questo tiepido sole di marzo che filtra attraverso un leggero velo rosa, baciandole le guanciotte tonde e pasciute. L' avventura "gravidanza" è terminata quattro mesi fa, quella "mamma" appena iniziata. Non ho ancora raccontato qui la fine ma soltanto, il 19 marzo di un anno fa, l' inizio: lo faccio ora perchè le cose belle non si dimenticano mai.
Ho trascorso 8 mesi davvero in dolce attesa, senza quasi accorgermi della presenza di una parte di me in me che rendeva, crescendo giorno dopo giorno, un po' più ingombrante la mia persona.
Ottobre è volato, dopo aver frequentato diligentemente i corsi pre-parto, collettivi ed individuali, nella speranza di saper affrontare il dolore in maniera decorosa e preparato un corredino multicolor: alla fine mi sentivo pronta, curiosa ed ansiosa di conoscere finalmente mia figlia. Ahimè qualcosa non è andato esattamente come desideravo...
Non sono brava in questo ma mi sforzerò di essere breve: dopo una serie di ricoveri per un rialzo pressorio, francamente inaspettato, a novembre il settore 2B dell' ospedale Sant'Anna di Torino mi era diventato a dir poco familiare. Come è mio solito non ci ho messo un granchè a fare amicizia: con le ostetriche ma soprattutto con le giovani partorienti che con me percorrevano giorno e notte il lungo corridoio del reparto in attesa delle celeberrime contrazioni. Già le contrazioni...e chi le ha mai sentite???Vani i tentativi di indurmele, ce l'ho messa tutta per farmele sopraggiungere ed invece niente. Sembrerà, soprattutto a chi le ha provate, paradossale e quasi offensivo, ma le avrei sicuramente preferite all' accanimento che per ben 2 giorni mi ha fatto sentire una gravida "fallita". Tra me e me ripetevo "Dai, cos'aspettate???Son qua pronta ad affrontarvi, respiro, mi concentro su qualcosa di bello e via...". Le ostetriche passavano a salutarmi alla fine del turno e, speranzose ed ottimiste, mi auguravano una notte di dolore certe che la mattina seguente avrei avuto Iris tra le mie braccia. Non ho mai perso il buonumore nè la convinzione che nonostante quel piccolo incidente di percorso tutto sarebbe andato per il meglio. Ero io a far coraggio a coniuge, parenti ed amici e non viceversa e poi in ospedale non si stava mica poi così male.
Il 13 mi ha portato fortuna: visto che l' induzione del giorno prima mi aveva fatto dormire profondamente (sono davvero un caso patologico) alle 6 l' èquipe medica si è decisa, primo fra tutti il Dottor Maina, dolce proprio come il famoso panettone: Iris doveva nascere.
In mezz'ora ero diventata la protagonista di una delle puntate di Dottor House: camice azzurro e cuffietta verdina. Nell' attesa di essere portata in sala operatoria ho salutato le compagne di stanza "Vado, mi tagliano e torno" e fatto qualche telefonata: euforica per nulla impaurita.
Il tavolo è davvero di freddo metallo, le apparecchiature sono davvero ipertecnologiche ma soprattutto i chirurghi hanno davvero la mascherina. Qualche battuta scherzosa con il giovane anestesista giusto per sdrammatizzare un po' e poi via...Ore 10,22: "Simona adesso te la facciamo vedere" e così aldilà di un telo verde eccola.
Medici ed anestesisti hanno accolto Iris intonando la canzone che come titolo porta il suo nome: "Iris tra le tue poesie ho trovato qualcosa che parla di me...".Non so se in quel momento fossero più le lacrime o i sorrisi ad occupare il mio volto.
E' una bimba allegra, sembrerebbe felice e socievole, ha grandi occhi marroni, ciglia lunghe e labbra rosee, capelli, pochi per ora, rossi ma, soprattutto, tanta voglia di vivere.
(continua)
2 commenti:
Tutto queto è successo perchè sei una persona "speciale", e quindi non potevi pretendere la normalità in una giornata del genere ;)
Iris cpirà presto che grande mamma si ritrova!
Ciao Katiu!!!Eh eh a volte quanto mi piacerebbe essere "normale"!!!Tutto bene???Un abbraccio da blogger a blogger ;-)
Posta un commento