05 agosto, 2010

Il calzino spaiato

Nè casalinga nè disperata direi, piuttosto, la disperazione delle casalinghe: mi destreggio svogliatamente tra "bucati-tavolozza" e "cenette pre-confezionate", filosofeggiando su come il ferro da stiro affronti coraggiosamente le pieghe di una camicia più o meno come si dovrebbero affrontare, prendendoli di punta, i risvolti della vita oppure sul perchè, alla fine, i calzini da stendere siano sempre rigorosamente dispari ed i piedi, fino a prova contraria, pari. Guardandomi intorno, con una molletta fra i denti ed un "superstite" blu scuro fra le mani, li ho contati e ricontati, tutti fieri e ben allineati seppur appesi ad un filo e sospesi nel vuoto, da destra a sinistra o da sinistra a destra, sempre 12, nessun imboscato nella bacinella, nessun timido ancora al riparo nel cestello della lavatrice, 12 come gli apostoli, figli di Eolo, pronto ad asciugare con un soffio le loro lacrime di detersivo e cancellare tracce di peccati maleodoranti. E tu? Chi sei tu che ancora mi sembri tremare, per la doccia fredda del risciacquo, tra le mie mani screpolate? Tu di chi sei seguace, misero calzino blu? Dov'è la tua anima gemella? Ed ecco come in un soleggiato mattino di agosto è nata, frutto di una mente assai contorta, la teoria del "calzino spaiato". C'è chi per non correre rischi e facilitare l' accoppiamento, stringe la coppia insieme in un nodo che, una volta terminato il ciclo di lavaggio, è davvero un' impresa sciogliere: i calzini sono vincolati l' uno all' altro senza possibilità di svago, una centrifuga da far girar la testa o un prelavaggio effervescente, niente, routine, blu con blu, nero con nero. Chi addirittura ha il tempo, nonchè la pazienza, di personalizzarli con un punto di filo colorato nella speranza che un' onda "travolgente" non riesca a scucire quel segno di riconoscimento. C'è poi chi, un po' come me, si affida alle caratteristiche "genetiche": la trama del filato o il suo spessore, la resistenza o l' altezza dell' elastico, eventuali marchi di fabbrica logori ma ancora leggibili. Quando si rivelano vani tutti i tentativi di ricongiungimento, non resta altro da fare che classificare il povero malcapitato come "abbandonato" e riporlo tristemente in quell' apposita borsettina di carta che ospita gli eroici calzini "single". Sono puliti, profumati, di bell' aspetto ed attendono fiduciosi o il ritorno del compagno o di trovare qualcun' altro che non badi troppo alla loro lunghezza o alla loro integrità, all' esatta corrispondenza, non si sentono affatto "scarti" di una società così ben allineata lungo i fili della biancheria bensì anime libere che, una volta in lavatrice, si sono affidate ai vortici di quello che, all' apparenza, assomigliava solo ad un giro in giostra. Ogni tanto sbircio e li conto, aumentano e la cosa, a dire il vero, mi preoccupa un po'. Possibile che l' effetto dell' ammorbidente non riesca a moderarne le pretese e a rendere gli incontri più semplici? Possibile che per ritrovarsi dopo essersi persi si debba soggiornare così a lungo in una buia borsa di carta?
L'esigente lo cerca lungo almeno fin sotto il ginocchio, l' insicuro quello dall' elastico robusto e che non sgualcisca al primo incontro, il pignolo dello stesso punto di colore, lo sportivo solo di spugna, il malinconico masochista meglio se bucato...
Morale della favola-teoria: ahimè la borsa è piena anche se in coppia si cammina meglio.

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